sabato 21 febbraio 2015

Nude...ma solo per l'Arte!

Via Margutta, la via degli artisti (Roma)
Roma è stata per secoli la culla dell’arte. Chissà quanti modelli e modelle sono passati negli studi dei grandi pittori e scultori che hanno animato il panorama artistico di questa città. Per tanto tempo un elemento del folklore locale era rappresentato proprio dalle giovani donne che posavano per loro, talvolta per denaro, ma più spesso per partecipare alla riuscita di un capolavoro. Aderivano per amore dell’arte, sapendo e comprendendo l’alta missione che si celava nell’eccitamento del talento dell’artista.
Wilhelm Marstrand, Osteria romana, 1847
Le donne romane erano bellissime. “Tante sono le stelle in cielo, tante sono le belle donne di Roma”, lasciò scritto Théophile Gautier.  Egli pensava che occorressero busti rinforzati con stecche di ferro per tenere a freno certi seni. “Oltraggiosamente belle!”, esclamava. E Stendhal: “ Che cosa non darei per poter far comprendere che cosa sia l’aspetto impassibile d’una bella romana. Essa considera la faccia dell’uomo che la guarda ammirato, come voi guardereste di mattina una montagna. Ed è proprio questa impassibilità che rende poi così affascinante un minimo segno di interessamento da parte loro”.
Carl Bloch, Osteria romana,1866
B. Pinelli, Trasteverina
Fino a cent’anni fa pare che le trasteverine fossero riuscite a conservare un “tipo” proprio, un’ originalità di caratteri attraverso i secoli, malgrado le vicende e la varietà dei contatti. Tenacissime, per un istinto di boria retrospettiva, superbe nell’aspetto, negli usi e nei costumi, se la tiravano alla grande! Lo scultore Duprè, nuovo di Roma, per aver ronzato un po’ troppo intorno ad una fiera ragazza “con le trecce nere” se la vide venire addosso con lo spillone tolto dai capelli, dicendo: “A giovanotto, che ve puzza de campà?!” .
Comunque, nel nobile convincimento di essere parte determinante di un’opera d’arte, non poche dame del patriziato romano, e perfino alcune “altezze” non esitarono a posare completamente nude dinanzi gli artisti.
A. Canova, Paolina Borghese (1805-1808) , Galleria Borghese, Roma

A tutti è nota la “sovrana” disinvoltura con la quale Paolina Borghese, l’avvenente sorella di Napoleone, posò, svestita, dinanzi ad Antonio Canova. Avendole un’amica domandato, curiosamente: “Possibile?!...Completamente nuda?!”. “Oh! – rispose lei – ma…c’era anche la stufa!”. Si racconta poi, che un vecchio principe romano conservasse in una stanza riservata, lontano da occhi indiscreti, il ritratto della moglie “svestita” da Eva. Quella tela aveva una storia. Un artista bizzarro e un po’ malignetto, s’era preso il gusto di dipingere, sopra un bellissimo nudo femminile, la testa della principessa. Poi aveva esposto il ritratto in vetrina. Il principe, passando per caso, riconobbe la propria consorte, comprò il quadro e lo fece subito trasportare a palazzo.
Raffaello, La Fornarina (1518-1519), Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini (Roma)
Tra  le più celebri modelle romane vi fu senza ombra di dubbio la Fornarina, l’ispiratrice di Raffaello. Prevale tuttora la sua identificazione con Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere, che sarebbe stata in quegli anni la donna amata da Raffaello. Non è sicuramente documentabile, ma somiglianze nei lineamenti del volto, hanno accreditato l’ipotesi che l’artista abbia usato la stessa modella in varie opere, quali  “ La Velata”  e la “Madonna Sistina”.Si è ipotizzato che Raffaello e Margherita si fossero sposati segretamente e che lei, morto il marito, avesse per questo deciso di ritirarsi a vita monastica.
Caravaggio, Madonna dei Pellegrini (!604-1606)
Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio, Roma
E che dire della bella  “Lena” del Caravaggio?!. All’anagrafe Maddalena Antognetti, nota cortigiana dell’epoca. Lena, giovanissima, era stata l’amante prima del Cardinal Montalto, poi di monsignor Malchiorre Crescenzi e infine del Cardinal Peretti, nipote di Sisto V. Faceva parte di un gruppo di prostitute d’alto bordo. Fare di Lena la “Madonna dei Pellegrini” , nella chiesa di Sant’Agostino a Roma, era stata una mossa davvero rischiosa, dato che la giovane era un volto conosciutissimo in città. Il Baglioni racconta che non appena il quadro fu messo sul’altare “ne fu fatto dai preti e da’ i popolani estremo schiamazzo”. Il concilio di Trento aveva specificatamente bandito “tutte le lascivie di sfacciata bellezza nelle figure” . Un volto così noto, vieppiù di prostituta, costituiva un pericolo, specie quando si avevano molti nemici. Ma stiamo parlando del Caravaggio! Che infatti la utilizzò come modella sia per la “Madonna dei Palafrenieri” ( Galleria Borghese, Roma) che , forse, per la “Maddalena in estasi” (Collezione Privata, Roma).
Caravaggio, Madonna dei Palafrenieri (1605),
Galleria Borghese, Roma
Ma quello tra Lena e Caravaggio era un rapporto sessuale ?  Giambattista Passeri (1772) che scrive delle vite degli artisti di quel periodo pensava che non ci fosse niente di erotico. I fatti, secondo i registri giudiziari, erano questi: una sera d'estate del 1605, esattamente venerdì 29 luglio, un giovane notaio di nome Mariano Pasqualone si presentò al tribunale criminale mostrando una ferita fresca sul lato sinistro della testa «cum magna sanguinis effusione». Dichiarò che mentre passeggiava in piazza Navona: «son stato assassinato da Michelangelo da Caravaggio pittore. Mi sono sentito dare una botta in testa dalla banda di dietro, che io sono subbito cascato a terra et sono restato ferito in testa, che credo sia stato un colpo di spada». Non aveva visto l'aggressore, «ma io non ho da fare con altri che con detto Michelangelo, perché a queste sere passate havessimo parole sul Corso lui et io per causa d'una donna chiamata Lena che sta in piedi a piazza Navona, che è donna di Michelangelo. E di gratia vostra signoria mi spedischi presto acciò me possa medicare». Il nostro Mariano Pasqualone lavorava in uno degli uffici legali del cardinale vicario di Roma.
Caravaggio, Maddalena in estasi (1606), Collezione privata, Roma
Tra i suoi compiti c'era quello di consegnare gli ordini del tribunale che vietavano a persone coinvolte in relazioni scandalose di continuare a vedersi. Forse fu detto al Merisi di diffidare di chi conduceva una vita privata irregolare, ma Caravaggio reagì furiosamente. Un conto, però, era fare a botte con dei pittori per strada, un altro ferire un funzionario legale dello Stato ecclesiastico. Questa volta l'aveva combinata grossa. La cosa migliore era lasciare la città e aspettare che le acque si calmassero, aspettare che il suo protettore, il cardinal Del Monte, vedesse come limitare i danni. E fu questo che fece. Lena morì ancora prima di Caravaggio. L'anno dopo la fuga dell'artista da Roma, tornò a vivere con la madre e la sorella in via dei Greci, dove spirò nel 1610. Aveva solo ventotto' anni. 
"Ricordi autobiografici" di Adamo Tadolini

Un’altra  storia molto intrigante e meritevole di essere riportata è quella raccontata dallo scultore Adamo Tadolini, nei suoi "Ricordi autobiografici". Nato a Bologna, nel 1788, venne a Roma nel 1814 e presto si alloggiò nello studio del Canova, del quale divenne aiutante scrupoloso e fedele, tanto da meritare la considerazione e la stima del Maestro. La storia risale all’anno 1816, quando il Canova era all’apice della sua gloria, ed ha per protagonista una bellissima ragazza, di nome Rosina. Un racconto all’apparenza di poco conto, ma che ci consente uno sguardo furtivo su certi aspetti dell’ambiente artistico romano del tempo. Stiamo sul finire dell’inverno e Adamo Tadolini aveva cominciato a lavorare in uno studio offertogli dal Canova, all’Orto di Napoli, la stradina che collega via del Babbuino con via Margutta.  Il principe Hercolani, gentiluomo bolognese, gli aveva da  poco commissiona una statua di marmo, di qualsiasi soggetto. Il Tadolini abbozzò subito un gruppo di “Venere distesa che scherza con Amore”.
Venere e Adone, Adamo Tadolini
Poiché il bozzetto piacque molto al principe, lo scultore si accinse ad eseguirlo a grandezza naturale. Smanioso di vedere l’opera compiuta, a tutte le ore del giorno, senza farsi annunciare, il principe mecenate si presentava allo studio, per vedere come procedeva il lavoro. Una volta vi trovò la modella, che era bella, ma a suo giudizio di carnagione troppo bruna. Allora rivolgendosi all’artista, gli fece: “ Io conosco una giovane veramente perfetta. Se vi sembrasse adatta per la statua che mi fate, ve la manderei volentieri. Venite questa sera a pranzo da me e dopo vi condurrò a vederla”. Puntuale, lo scultore andò a pranzo dal principe che poi lo fece salire nella sua carrozza e lo portò in un ricco appartamento. Un servitore in livrea li annunciò e pochi minuti dopo furono ricevuti da due signore. Era inverno, abbiamo detto, e le ospiti e i visitatori si sedettero intorno al camino acceso. 
Adamo Tadolini, San Paolo, Piazza San Pietro
Il Tadolini guardava in silenzio, con occhio di artista,la donna più giovane; il principe parlava del più e del meno, galantemente. Dopo una breve conversazione, gli uomini si alzarono e si congedarono, senza fare riferimento alcuno alla statua. Ma, non appena di nuovo in carrozza, l’Hercolani domandò bruscamente al Tadolini: “Ebbene, non mi dite nulla? Che cosa ve ne pare di quella ragazza? Sarebbe buona per modella della vostra Venere?”. “La giovane è bellissima e di giuste proporzioni   - rispose lo scultore  -  ma bisogna vederla spogliata”.  “Domani ve la manderò e giudicherete” – concluse il principe. Il giorno dopo, nella tarda mattinata, una carrozza si fermò nella stradetta all’Orto di Napoli. Un servitore scese e bussò allo studio. Venne all’uscio lo stesso Tadolini, che riconobbe il cameriere della sera prima. Questi fece scendere dalla carrozza la giovane e domandò allo scultore a che ora dovesse tornare a riprenderla. “Per questa mattina basta un’ora o poco più” – rispose l’artista.  Nello studio, la giovane cominciò a togliersi lentamente l’abito di seta nera.

A. Canova, Le tre Grazie, Hermitage
Poi, dopo qualche difficoltà, si liberò anche di una leggera sottoveste e d’una fascetta che aveva per busto. Finalmente lasciò cadere anche due finissime camicie che portava una dentro l’altra. Spogliata, era stupenda. Così le pose cominciarono. Ma un giorno, inaspettatamente, arrivò il Canova, che era proprietario dello studio. La giovane che stava in posa, sentendo aprire la porta, balzò in piedi e di colpo si infilò la camicia. Entrato nella stanza, il maestro salutò pacatamente come soleva fare e non poté non restare ammirato dalle forme della giovane; ma prudentemente, e sempre da artista, le diede un’occhiata ed uscì. 
Adamo Tadolini, Re Davide, Colonna dell'Immacolata
Piazza di Spagna, Roma
La giovane si rimise in posa, e così rimase fin quando non venne la carrozza a riprenderla. Il giorno seguente, mentre pranzavano insieme ,come di consueto, il Canova domandò al Tadolini chi fosse quella bella ragazza.  “A quel poco che ho visto di collo e di spalle - disse – mi servirebbe per Le tre Grazie, che sto terminando in marmo per il principe di Beauharnais”. “Lo dirò al principe” – disse il Tadolini. E la sera stessa, infatti, si recò dall’Hercolani e gli riferì il desiderio del Canova. Il principe non mostrò alcuna difficoltà, soltanto pregò il Tadolini di volerlo dire lui stesso alla giovane, quando fosse nel suo studio. E così avvenne. Il Tadolini fece la proposta direttamente alla modella, e la bella donna gli rispose “E perché no?!”. Il lunedì, nella carrozza del principe, il Tadolini e la ragazza arrivarono allo studio del Canova, in via delle Colonnette, dove una lapide, postavi nel 1871, recita: “ Da questo studio la scultura uscì rinnovellata per opera di Antonio Canova”. Il Tadolini aprì la porta e introdusse la donna nella stanza. “Lei come si chiama?” – le domandò il Canova. “Rosina” – rispose. “Bene la prego di spogliarsi. 
Via dell'Orto di Napoli da Via Margutta
Quel giorno che la trovai all’Orto di Napoli non vidi che il collo e un poco di spalle”. Una proposta legittima, trattandosi di uno scultore. Ma la ragazza si rifiutò. Non era certo ad infastidirla la presenza del Tadolini, né quella dell’anziano e illustrissimo Canova, bensì quella del suo segretario, l’abate Missirini, che non comprese che era di troppo o forse non volle comprenderlo. Fatto sta che la Rosina, per la presenza di quell’estraneo, non artista, non volle assolutamente mostrare la bellezza delle sue forme. Ma il Canova insistette ancora nella sua richiesta, fin quando la bella Rosina non si decise a togliersi “la veste e la sottana, non la camicia, la quale anzi, calatale dalle spalle, essa riprese con le mani sul petto e non fu possibile rimuoverla da quell’azione”. “Ferma un momento! – gridò il Canova , e subito, in un impeto d’ entusiasmo, ne fece un appunto a matita su un foglio, che ancora oggi si ritrova tra le carte del museo di Possagno e può essere messo in rapporto con la “Venere” che il maestro scolpì, tra il 1818 ed il 1820, per sir Thoms Hope e per la famosa statua che ora è a Palazzo Pitti: “La Venere che esce dal bagno”.
A.Canova, Venere che esce dal bagno, Palazzo Pitti, Firenze

Quel giorno, molto seccato con il troppo fedele segretario, il Canova licenziò la ragazza dicendole: “Se può venga domani o qualsiasi altro giorno. Le prometto che non vi sarà nessuno”. Ma due giorni dopo un colpo di scena. Si seppe che gli sbirri del Bargello, erano piombati nel palazzetto di via Poli, avevano preso la povera Rosina e l’avevano trasportata in una carrozza chiusa, fino al “Buon Pastore” alla Lungara, dove si rinchiudevano le donne di malaffare. E ciò a quanto riportato nel suo racconto dal Tadolini “in seguito a ricorso di una certa persona che non occorre mentovare”, cioè di qualcuno a cui non faceva piacere che “ la immaginazione tranquilla e riposata” del Canova fosse turbata e scossa da entusiasmi per una bella ragazza.
Studio del Canova in Via delle Colonnette, Roma


Così la bella Rosina non fu più veduta né dal principe Hercolani, né dal Tadolini, che però, come commenta nel suo racconto, non ne aveva più bisogno giacché era ormai al termine della sua opera. Mentre  “il dispiacere che ebbe il Canova di non averla potuta vedere spogliata neppure una volta fu tale che ne fece al segretario una forte lagnanza perché non li aveva lasciati soli”. Ma che cosa ne fu della bella Rosina? Tranquilli, la romanesca avventura ebbe il più lieto dei finali. Un ricco mercante di campagna, prosegue il Tadolini, invaghitosi della bella Rosina, la trasse fuori da quel luogo infame e in venti giorni la sposò. Un finalino, dunque, in rosa, dove, se non proprio la virtù, almeno la bellezza venne giustamente premiata. 

Ristorante Canova Tadolini





Per chi volesse ritrovare le atmosfere appena descritte, nella Roma di oggi, consiglio una visita in uno dei locali più suggestivi della Capitale. Al civico 150 di Via del Babbuino si trova Il Ristorante-Museo "Canova Tadolini".Questo locale è stato l'atelier di Canova e del suo allievo Tadolini, qui sono state create molte grandi sculture dei due artisti. Un tempo era un ritrovo adatto per un aperitivo o un cocktail ma adesso si è trasformato in un vero e proprio ristorante aperto a pranzo e a cena. Gli ambienti, anche dopo il restauro, hanno mantenuto volutamente tutti i colori gli arredi e i materiali che già prima caratterizzavano questo luogo. Così adesso ti puoi sedere circondato da opere scultoree varie, anche accostate casualmente, proprio come quando qui il Canova lavorava alle sue opere.


Potrebbe interessarti:http://www.romatoday.it/ristoranti/ristorante-Canova-Tadolini-babuino-spagna-centro.html
Seguici su Facebook:http://www.facebook.com/pages/RomaToday/41916963809

5 commenti:

  1. Che storie ! M A G N I F I C H E !! Si respira in pieno tutta la suggestione ! Complimenti ! Ritratti scolpiti dalle mani di Canova e Tadolini con pennellate del Merisi ! WOW !! Non sapevo che Tadolini fosse autore di quelle meraviglie ! È il ristorante poi !! Un'altra tappa imperdibile. Grazie. Grazie. Grazie :-)

    RispondiElimina
  2. ahahah!...secondo me il ristorante serve anche dell'ottimo vino! ;-)

    RispondiElimina
  3. Maliarda! sempre più ci introduci nei peccaminosi anfratti dell'arte mista all'eros...

    RispondiElimina
  4. Maliarda! sempre più ci introduci nei peccaminosi anfratti dell'arte mista all'eros...

    RispondiElimina
  5. ahahah!...l'Arte è "scandalosa"! ;-)

    RispondiElimina