C'è un luogo
speciale a Roma, nel cuore del rione Trastevere.Un minuscolo tesoro artistico
medievale. E' la chiesa di S. Benedetto in Piscinula, la cui porta si apre al
civico 40 dell'omonima piazza. Due le versioni riferibili al toponimo. La prima
lo fa derivare da un antico mercato del pesce che esisteva in questa contrada.
La seconda, invece, fa riferimento ad impianti termali , di cui ora non vi è
più traccia, ma che sarebbero stati visibili, nei pressi della chiesa, almeno
fino al XVIII secolo.
La facciata esterna, neoclassica, potrebbe essere davvero fuorviante e tenere alla larga chi dell'arte dell'Ottocento non è proprio un cultore. Ma tra i tetti un minuscolo campanile, sicuramente romanico, ci appare come una piccola stella cometa, ad indicare che lì sotto potrebbe esserci qualcosa di veramente prezioso. Questo grazioso campanile, tutto realizzato in laterizi, con due bifore e colonnina centrale in facciata, possiede ben due primati. E' il più piccolo di Roma e la sua campana è la più antica di tutta la città. Datata al 1069, riuscì, miracolosamente, a scampare alle orde di Roberto il Guiscardo, che appena 15 anni dopo, "affamate" del bronzo delle campane, presero tutte quelle che trovarono. Direi che a questo punto possiamo anche entrare. E se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, la visita si preannuncia davvero molto interessante.
Non siamo ancora nella chiesa, ma all'interno di una sorta di
vestibolo, forse in origine un portico. Alla nostra sinistra, un bel portale
cosmatesco, oggi chiuso con un cancelletto, deve aver rappresentato il primo
accesso all'oratorio di San Benedetto. Secondo la tradizione, infatti, la
chiesa sorge sulle rovine della domus Aniciorum (casa degli Anici). Gli Anici furono una
nobile ed antichissima famiglia romana, alla quale sarebbe appartenuto anche
San Benedetto da Norcia, e proprio presso la loro abitazione il Santo avrebbe
trovato ospitalità durante il suo soggiorno nell'Urbe, per motivi di studio
(fine V secolo). Al di là del cancello e del telo rosso, che impedisce la vista
dell'interno, si trova quindi il nucleo più antico e più sacro del
complesso. A questo punto la curiosità di vederlo ci spinge ad entrare nella
chiesa.
Una basilica in miniatura! Così definirei l'apparizione oltre il
portale. C'è tutto l'apparato decorativo di un grande complesso cultuale, solo
di dimensioni ridotte. Innanzitutto colpisce l'atmosfera intima e familiare.
C'è un via vai continuo di fedeli, che entrano, si fermano, magari solo il
tempo di una preghiera o per accendere una candela o per mandare un bacio ad
una delle immagini sacre che decorano la chiesa. Si ha l'impressione di qualcosa
di vivo e pulsante. Si ha l'idea che la chiesa si sia fatta così piccolina e
discreta proprio per essere più accessibile agli uomini.
L'attenzione è subito
attratta dal bellissimo pavimento cosmatesco, il cui impatto, su un ambiente
così ridotto, è fortissimo. Risalente alla fine del XII secolo, pare che sia
l'unico opus tessellatum, attribuibile alla ben nota famiglia di
marmorari romani, mai restaurato, e quindi giunto sino a noi nel suo stato
originario. Così come i Cosmati l'hanno fatto, ci verrebbe da dire!
In realtà,
osservando bene il pavimento, gli interventi di restauro appaiono ben visibili,
ma sicuramente l'opera non ha subito grandi stravolgimenti, e, quantomeno,
appare nella sua collocazione primaria, in situ, come direbbe un uomo di cultura. Appena staccati, con una certa difficoltà, gli occhi
dal pavimento, ci accorgiamo che anche la chiesa ha conservato l'impianto
medievale.
E' divisa in tre piccole navate irregolari, sottolineate da otto
splendide colonne di spoglio, in granito grigio e cipollino, sovrastate da
capitelli antichi, anch'essi di recupero e di varie epoche. Facendo un giro
intorno si scoprono qua e là dei piccoli capolavori.
Molto bella, nell'abside
della chiesa, sopra l'altare, la Madonna con Bambino, sicuramente trecentesca.
Sotto di lei, il genius loci , San Benedetto, con il Pastorale ed
il libro della Regola aperto. La pagina ha un messaggio per noi... Ausculta, o fili, praecepta magistri et inclina aurem cordis tui ( Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro e volgi
ad essi l'orecchio del tuo cuore). Chissà in quanti, passati di qua, nei
secoli, lo hanno letto! L'immagine del Santo, su tavola, è sicuramente molto
antica, anche se restaurata. Incuriosisce, sulla destra dell'abside, una
particolare rappresentazione iconografica.
E' una cosiddetta
"Metterza" (terza in ordine di importanza), con la figura di
Sant'Anna, la madre di Maria, in posizione di risalto e in atteggiamento
protettivo verso la figlia e Gesù.
Ecco San Benedetto in un altro affresco, della
fine del XIII secolo, collocato, di recente, nella navata di destra,
posizionato invece, prima del restauro, nel portico. Ed ora, dopo aver girato
in senso orario intorno alla chiesa, eccoci di nuovo giunti all'uscita. Ma
prima di varcarne la soglia, ci attende la visita al sancta sanctorum. Dulcis in fundo, dicevano gli antichi. Entriamo quindi
nell'oratorio, il cui ingresso si apre immediatamente alla destra di chi, come
noi, sta per uscire.
La tradizione e qualche lacerto architettonico lo
fanno risalire all'VIII secolo. E' intorno a questo luogo che sarebbe stata poi
costruita la chiesa romanica. Quanta suggestione in un così piccolo spazio! Sul
pavimento un lacerto di opera cosmatesca, quasi sicuramente proveniente dal
"tappeto" marmoreo della chiesa, che mostra, infatti, delle lacune.
Solo poche tracce del mosaico che decorava la volta a crociera.
Sopra il
piccolo altare, la delicata immagine trecentesca della Madonna della
Misericordia. Si capisce che in origine era un affresco, ricollocato poi su
tela. Neppure quella pesante corona dorata, che qualche artista barocco deve
avergli dipinto in testa, riesce a intaccarne il fascino. E' davanti a lei che
la tradizione popolare ha sempre visto il Santo in preghiera, e qui avrebbe
ricevuto la chiamata a fondare l'ordine.
Poco importa se venne dipinta otto
secoli dopo, e neppure ha importanza se quella angusta cella, praticamente uno
stretto corridoio, che si apre su un lato della cappella, sia davvero il luogo
dove San Benedetto si ritirava in meditazione e in preghiera. La fede, la
sacralità, la suggestione hanno origine in dinamiche che non si lasciano
minimamente influenzare da quella che si chiama verità storica. Si esce da
questo luogo con una grande pace e armonia interiore. In fondo non è questo che
si chiede ad ogni forma di preghiera?!
Ma che stupendo reportage! ci fai vivere la Roma più sconosciuta e insospettata!
RispondiEliminaè un modo molto bello anche per fissare ricordi...e le schede mi tornano utili per il mio lavoro... Grazie...uomo sempre i incognito!
RispondiEliminaMeraviglioso ! Grazie e complimenti ! sia per le immagini che per il suggestivo ed emozionante racconto !
RispondiEliminagrazie, Felide!
RispondiEliminaIo sarò in incognito... ma tu che hai costruito questa meraviglia potevi pure qualificarti con nome e cognome, no Ramtha?
RispondiEliminal'ho fatto! ;-)..Ramntha mi piace...ma sul profilo si vede anche il nome...
RispondiEliminaEh ! In effetti Vautrin non ha tutti i torti anche se.. detto da chi riesce ad abitare la pensione Vaquer senza svelare la sua identità stride un tantino ;-) battute a parte, Ramtha è davvero un grande piacere leggerti, quindi il grazie va solo ed esclusivamente a te che infili rare perle una dopo l'altra !
RispondiEliminatroppo buono Felide...speriamo di fare una bella parure! ahahah!
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