La
costruzione del Teatro di Marcello, iniziata nel 46 a.C. da Giulio Cesare, fu
portata a termine dall’imperatore Augusto, che volle dedicare l’edificio al
nipote Marco Claudio Marcello, figlio della sorella Ottavia. Sposo di Giulia,
figlia di Augusto, Marcello, che era quindi nipote e genero dell’imperatore,
che vedeva in lui il suo possibile successore, a soli 19 anni (21 a.C.), muore in
circostanze misteriose a Baia. Una sua statua d’oro fu posta nel teatro durante
la fastosa cerimonia di inaugurazione. Il teatro, restaurato prima da
Vespasiano (I sec. d.C.) e poi da Settimio Severo (III sec. d.C.), era
probabilmente ancora in funzione nel V secolo.
Ipotesi ricostruttiva del teatro |
Esempio grandioso di
architettura romana, il Teatro di Marcello campeggia ancora tra le costruzioni
dell’attuale situazione urbana, circondato da un’area archeologica, dove si
possono osservare, in deposito sul prato, pregevoli frammenti marmorei, che
rievocano gli antichi fasti.
Sono perlopiù resti di fregi che, a dispetto delle
mutilazioni e dell’estraneità al contesto originario, si lasciano comunque
ammirare nella loro incontaminata bellezza. Dei tre teatri stabili del Campo Marzio (gli altri due erano quelli di Statilio Tauro e di Balbo) quello di Marcello è
il meglio conservato e l’unico ancora leggibile nella sua struttura unitaria. Innalzato su una grande platea di calcestruzzo, sotto la quale una palificata
di rovere comprimeva il terreno argilloso, fu costruito con tre ordini
architettonici: dorico, ionico e corinzio. Era stato realizzato secondo i dettami vitruviani con una cavea
semicircolare divisa in settori, orchestra semicircolare, portico in alto a
chiudere la cavea, la scena con le tre porte e fondali. Si calcola una capienza
di circa quattordicimila spettatori.
La facciata esterna della cavea,
realizzata in travertino, conserva parte del primo ordine dorico e del secondo
in stile ionico. Del terzo ordine non resta traccia ma doveva terminare con un
attico chiuso, decorato da paraste corinzie, delle quali si sono conservati
alcuni frammenti. Il deambulacro interno e i muri radiali sono in opera
quadrata di tufo per i primi dieci metri, mentre nella parte più interna sono
in opera cementizia con un rivestimento in reticolato di tufo. Gli unici
elementi decorativi della facciata erano delle maschere teatrali, scolpite a
tutto tondo e di enormi dimensioni, in marmo bianco, prevalentemente lunense.
Recuperate
in frammenti durante gli scavi degli anni Trenta, esse riproducono, in
dimensioni molto maggiori del vero, le maschere che gli attori indossavano
durante le rappresentazioni sceniche, caratterizzate da tratti fortemente
accentuati ed espressivi, oltre che da una bocca smisurata che fungeva anche da
cassa di risonanza. Originariamente erano fissate alla chiave d’arco del primo
e del secondo ordine, mediante perni di ferro. Alcune di queste maschere, dopo
il restauro, sono state collocate in esposizione permanente presso il foyer del
Teatro Argentina, dove continuano a svolgere la loro funzione decorativa e ad
impressionare il pubblico. Il Teatro presenta una struttura chiara nella parte
utilizzata fin dal X-XI secolo come fondamenta della roccaforte delle famiglie
che si avvicendarono al dominio della zona circostante, prossima al guado del
Tevere presso l’isola Tiberina.
Intorno all’anno 1000, la famiglia dei
Pierleoni stabilì la propria dimora-castello sulle rovine del teatro e, nel XIV
secolo, un esponente dei Savelli, subentrato ai Pierleoni, eseguì i primi
lavori di restauro, che si concretizzarono, come ancora oggi si può vedere, con
la trasformazione nel XVI secolo dell’antica dimora in palazzo residenziale ad
opera di Baldassarre Peruzzi, che rispettò le strutture antiche. Alla morte del
principe Giulio Savelli, ultimo discendente della famiglia, il palazzo fu
acquistato dalla famiglia Orsini che lo ampliò e restaurò.
Botteghe nei fornici del Teatro prima dei restauri degli anni Trenta |
Negli anni Trenta
del XIX secolo il teatro, divenuto proprietà del Comune di Roma, che aveva
acquistato dalla duchessa di Sermoneta la parte del piano terreno, adibita a
carbonaie e magazzini, fu liberato dalle costruzioni adiacenti e furono così
riportate alla luce le antiche strutture, risarcendo le murature con lo stesso
parametro ma in sottosquadro. La Commissione di Storia ed Arte antica,
responsabile dei lavori di restauro e consolidamento del Teatro, autorizzò la
costruzione di tutte le murature necessarie, pareti, pilastri e sottarchi,
approvando anche la realizzazione degli speroni, indispensabili per dare
solidità al complesso del monumento e del Palazzo Orsini che continuava a
insistervi sopra. Il grande contrafforte occidentale del teatro fu realizzato
utilizzando la pietra sperone di Montecompatri, che rispondeva alle esigenze
fondamentali di stabilità, ma non a quelle estetiche, poiché si tratta di una
pietra di colore scuro del tutto estranea ai numerosi materiali utilizzati nel
Teatro e nei monumenti adiacenti, e quindi fortemente impattante sul contesto
ricostruttivo.Non
ci resta ora che immaginare le migliaia di spettatori, in attesa che lo
spettacolo abbia inizio, riparati dal velarium,
e circondati da quell’atmosfera magica e surreale che il grande scrittore
Lucrezio ha saputo con grande suggestione poetica descriverci e tramandarci...
… e generalmente fanno questo i velari purpurei e color di ruggine, quando tesi sui grandi teatri, oscillano e fluttuano, spiegati ovunque tra pali e travi. Qui colorano sotto di loro il pubblico delle gradinate e tutto il fasto delle scena e tutte le immagini de’ padri, delle madri e degli dei, e li costringono a fluttuare nei loro colori. E quanto più le pareti del teatro sono chiuse intorno, tanto più ciò che è dentro, soffuso di grazia, ride nella raccolta luce del giorno.” (Lucrezio, De Rerum Nat., IV, 75)
… e generalmente fanno questo i velari purpurei e color di ruggine, quando tesi sui grandi teatri, oscillano e fluttuano, spiegati ovunque tra pali e travi. Qui colorano sotto di loro il pubblico delle gradinate e tutto il fasto delle scena e tutte le immagini de’ padri, delle madri e degli dei, e li costringono a fluttuare nei loro colori. E quanto più le pareti del teatro sono chiuse intorno, tanto più ciò che è dentro, soffuso di grazia, ride nella raccolta luce del giorno.” (Lucrezio, De Rerum Nat., IV, 75)
Monumento bellissimo e misterioso! L'ho incontrato per caso durante una peregrinazione random per Roma, sotto una pioggia battente e con un nero che mi inseguiva per vendermi un ombrello...Mi sono fermato ad ammirarlo, incurante delle intemperie... Ho provato a sbirciare oltre i cancelli senza saperne nulla... ora finalmente ne so qualcosa!
RispondiEliminaTempo fa vendevano il palazzo che è stato costruito sopra, gli ultimi proprietari sono stati gli Orsini, chissà se sono riusciti a vendere l'immobile...davvero una residenza straordinaria, per contesto e per storia...
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